Martina Corgnati presenterà il Catalogo Ragionato dell’opera di Agostino Ferrari (Electa), a cura di Martina Corgnati. Circa 2500 opere documentate, esclusi i multipli e i progetti, oltre a testi critici e apparati bio-bibliografici.
Ferrari è universalmente riconosciuto come “l’artista del segno”, l’unico che ha saputo farne non solo lo strumento espressivo capace di raccontare emozioni personali come anche reazioni verso la realtà esterna ma anche la cifra di un linguaggio partecipe del mainstream contemporaneo, fra post-informale, arte programmata, minimal, pop e i vari ritorni alla pittura. Una lunga fedeltà, iniziata nel 1962, quando Ferrari con alcuni coraggiosi compagni fonda il gruppo del “Cenobio”; allora il segno era ridotto a un semplice fraseggio grafico di moduli a-significanti tracciati nel colore, il cui vago modello visuale erano pagine di giornale: una tattica per coniugare la cronaca di un’epoca inquieta e radicale con un’intensa sensibilità, il pubblico con il privato. Dopo lo scioglimento del gruppo e due soggiorni negli USA, nella seconda metà degli anni Sessanta il lavoro di Ferrari acquista una consistenza oggettuale, in parallelo alle coeve esperienze degli amici Agostino Bonalumi, Enrico Castellani e Dadamaino. Il segno diventa incisione concretamente praticata sulla superficie, traccia rappresentata o filo metallico in rilievo (nel ciclo intitolato “Teatro del segno”); vengono effettuate anche ricerche di tipo processuale sulla forma (“Forma totale”) e sul colore, indagato in relazione a diverse figure geometriche, con un procedimento lucidamente razionale (“Segno, forma colore” e “Autoritratto”). Alla fine degli anni Settanta, una fase di ripensamento e di bilanci definita “rifondazione” porta Ferrari a recuperare un segno più gestuale che da quel momento non lascerà più: moduli e grafie illeggibili si moltiplicano attraverso nuovi cicli che impegnano l’artista per alcuni decenni, dagli “Eventi” ai “Palinsesti” alle “Maternità”, fino ai recenti “Oltre la soglia” e “Interno-esterno”, caratterizzati dalla presenza di uno squarcio colmo di impenetrabile nero in cui il segno si immerge o da cui fuoriesce, come per connettersi all’esperienza positiva della luce con l’indefinibile alterità del nuovo spazio rivelato da Lucio Fontana con i suoi squarci e i suoi fori nella tela; questo percorso culmina nei recenti “Prosegni” che associano il lucido rigore analitico dei “Teatri del Segno” con la libertà espressiva e la ricchezza visuale di “Interno/Esterno”.